E’ stato firmato ad Hanoi (Vietnam) il nuovo accordo politico di libero scambio c.d. “RCEP” (Reciprocal Comprehensive Economic Partnership) tra i 10 Paesi ASEAN (ossia Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Birmania, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) e Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. L’accordo è stato raggiunto all’esito di otto anni di negoziati – interrotti anche in conseguenza del ritiro dai negoziati di Stati Uniti e India – e segna l’avvio del più grande progetto di integrazione economica regionale della storia, coinvolgendo un “blocco” di 15 Paesi che complessivamente costituiscono circa il 30% della popolazione e del Pil mondiale. Più in dettaglio, l’accordo sottoscritto si compone di 25 capitoli (i quali dovranno essere implementati in base alle direttrici ivi definite) ed include linee di sviluppo su temi di grande rilevanza sul piano economico-commerciale, quali esemplarmente: regole uniformi sull’origine dei prodotti, facilitazione delle procedure doganali, standard fito-sanitari nel commercio di prodotti agricoli, regole di conformità e mutuo riconoscimento di standard tecnici, misure nazionali di salvaguardia in presenza di penetrazione eccessiva delle importazioni sulla domanda interna, regole di accesso al mercato dei servizi (professionali, telecomunicazioni, finanziari), regolazione dei movimenti temporanei delle persone all’interno dell’area del “blocco”, misure di promozione e protezione degli investimenti, tutela dei diritti di proprietà intellettuale, sviluppo del commercio elettronico, protezione del consumatore, tutela del diritto della concorrenza nonché, per quanto concerne la risoluzione delle controversie, procedure di consultazione e di costituzione di arbitri. La portata dell’accordo potrebbe peraltro ulteriormente ampliarsi essendo previsto nell’ambito delle clausole di chiusura la possibilità di adesione dell’India alle medesime condizioni dei 15 Stati Paesi firmatari. In conclusione, si tratta di una iniziativa ben lungi dal poter essere assimilata ai tradizionali accordi di concessione tariffaria applicabili al commercio dei beni e di cui le imprese europee potranno a loro volta beneficiare, ad esempio investendo in stabilimenti produttivi nei Paesi membri.
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